Quando sentiamo parlare di Filippine, la prima immagine che ci salta agli occhi è forse la sabbia bianchissima di Boracay, o ancora invece la limpida laguna di El Nido, sovrastata da imponenti formazioni rocciose a picco sul mare. Le Filippine offrono però anche paesaggi ed esperienze molto diverse, piccole perle naturali e tradizioni antichissime, in grado di sorprenderci con la loro meraviglia.

Oggi vogliamo concentrarci su uno dei segreti ancora meglio conservati di questa bellissima nazione: la regione della Cordillera nell’isola di Luzon, a nord di Manila. Vero paradiso per gli amanti del trekking, la regione montuosa filippina è degna di nota anche per i più “pigri”, che amano semplici passeggiate e scattare foto indimenticabili da mostrare agli amici. Noi di Kia Ora l’abbiamo visitata con un tour itinerante e ve la raccontiamo in prima persona!

Diario di Viaggio: Giorno 1

Già solo il paesaggio in arrivo a Banaue vale il viaggio da Manila, lungo strade di montagna i cui tornanti si arrampicano tra la vegetazione. Le 9 ore di strada (5 ore se si sceglie di prendere un volo da Manila a Cauayan, come nel nostro caso) potrebbero forse sembrare pesanti, ma volano veloci con varie soste sulla strada. Vi potete aiutare con un buon libro o della musica, ma soprattutto con la curiosità di osservare dal finestrino come via via i campi coltivati e le montagne sullo sfondo cedono il passo a foreste di conifere intervallate da felci, fiori tropicali e palme: uno spettacolo davvero insolito!

Ci accoglie all’arrivo un simpatico cartello: “Welcome to Banaue”, e non può essere più vero di così. Poco distante si intravede il primo punto panoramico delle risaie filippine, così famoso da essere rappresentato anche sulla banconota da 20 pesos (e nella foto qui sopra!).

Arriviamo all’hotel che ci accoglierà per questa prima notte – Banaue Hotel & Youth Hostel, l’unica sistemazione alberghiera della cittadina di Banaue. Costruito interamente in legno, offre camere semplici ma dall’arredamento caratteristico, una ampia e comoda hall con negozietti ben forniti e una cucina essenziale, senza fronzoli, ma davvero saporita (soprattutto le verdure coltivate localmente, l’apoteosi del km 0!). Lo protegge il tradizionale “bulul“, il Guardiano del Riso, immagine sacra per gli indigeni Ifugao, che abitano e coltivano da secoli le risaie attorno a Banaue.

Una brevissima sosta per il check-in e per lasciare le valigie, e siamo già in partenza per la prima tappa di trekking. Saliamo a bordo della tradizionale “Jeepney“, un mezzo di trasporto tipicamente filippino costruito riciclando le vecchie Jeep utilizzate dall’esercito americano durante la II° Guerra Mondiale. Decorate con immagini sacre e profane, bandiere, rappresentazioni di Cristo e coloratissimi graffiti, sono oggi una vera icona della cultura filippina, e il miglior modo per vivere la strada come i locali!

Dopo una mezz’ora di viaggio arriviamo finalmente a destinazione: è pomeriggio e il sole rincorre le nuvole in cielo. Una fresca brezza ci accompagna mentre cominciamo la discesa sul sentiero che dalla strada motorizzata porta alle risaie di Hapao. Fiori tropicali contornano il paesaggio, un gallo canta in lontananza e qualche pulcino spunta tra le case tradizionali. E’ questa la meraviglia nascosta del villaggio di Hungduan, cuore pulsante dei terrazzamenti di Hapao, uno tra i cinque siti inseriti nella lista UNESCO.

Da 2000 anni, i terrazzamenti di riso degli Ifugao hanno disegnato il paesaggio delle montagne. Frutto di conoscenze trasmesse di generazione in generazione, espressione di tradizioni sacre e di un delicato equilibrio sociale, creano un paesaggio di grande bellezza che esprime l’armonia tra l’essere umano e l’ambiente” – Questa è la motivazione che ha spinto l’UNESCO nel 1995 a dichiarare i terrazzamenti di riso Ifugao come Patrimonio Mondiale dell’Umanità. E come possiamo dal loro torto, considerato che il panorama che si apre ai nostri occhi è quello della foto qui sotto?

risaie Banaue

Il pomeriggio lascia spazio al tramonto, e quando il sole ormai sparisce dietro le montagne la nostra Jeepney ci riporta in hotel. Per questa sera è programmato uno spettacolo con danze, rituali e canzoni degli Ifugao. Mi è purtroppo impossibile rappresentare su schermo la musica, le voci, gli strumenti e la passione di questo popolo, ma quello che posso fare è descrivere alcune delle tradizioni che ho imparato.

Per cominciare, i vestiti! Le donne vestono semplici camicie bianche (prima dell’arrivo dei missionari spagnoli non usavano coprirsi il petto), e gonne tessute a mano, con decorazioni differenti a seconda dello stato sociale. La popolazione più povera, i lavoratori delle risaie, potevamo permettersi una semplice gonna rossa intervallata da una sola striscia nera. I medi proprietari terrieri, invece, riuscivano a decorare il tessuto di una seconda striscia bianca, con un intreccio particolare di fili gialli e neri. I grandi proprietari terrieri, infine, esibivano una sorta di “patchwork” con varie strisce colorate, sempre su una base rossa.

Gli uomini non presentano invece nessuna differenza sociale dell’abbigliamento: una stola copre le parti intime e uno scialle decora il petto. Completano l’abito un cappello rituale e la borsa per gli attrezzi, comprensiva anche di machete per la vegetazione. Si racconta che nei tempi antichi venisse utilizzato anche per combattere: la popolazione Ifugao era infatti costantemente in guerra con i vicini Kalinga, e anche con gli indigeni di Sagada, e tra le usanze ormai per fortuna sopite rientravano perfino episodi di cannibalismo verso i nemici sconfitti (oggi possiamo invece dormire sonni tranquilli, almeno a detta della simpatica presentatrice dello spettacolo).

Giorno 2 – mattino

Abbiamo dormito sonni tranquilli, e siamo pronti per una nuova giornata di avventura! Ci viene a prendere una diversa Jeepney colorata e partiamo verso il sito UNESCO di Bangaan, al centro dei puù vasti terrazzamenti di Batad.

Il villaggio di Bangaan, che vedete nella foto qui sopra, è la nostra meta per il trekking di oggi: un dislivello di circa 200 metri in discesa (e poi altrettanti in salita!) ci porta nel cuore delle tradizioni Ifugao. Qui abbiamo la fortuna di conoscere due nuclei famigliari, le ragazze e gli uomini sono al lavoro nelle risaie (è ormai tempo di raccolto!) e al villaggio rimangono le mamme con i bimbi piccoli e gli anziani.

Una signora ci mostra la sua casa: è costruita su pali di legno robusti e affumicati dal fuoco. Sotto alla casa c’è il posto per il telaio e per alcuni particolari attrezzi; un mortaio e un pestello di legno molto grandi: servono per battere il riso e liberarlo dalla pula. Una scala a pioli rimovibile funge da unico accesso alla porta. Al “primo piano” stanno i letti, e una sorta di rudimentale cucina, mentre il “secondo piano” della casa è adibito a granaio per il riso. Il fumo e il calore del camino aiutano a preservare il riso e gli donano un inconfondibile sapore.

Poi raggiunge il suo telaio e ci offre una dimostrazione dell’arte di intrecciare le stole Ifugao. Sta tessendo la base per una gonna, di quelle per donne del ceto medio (base rossa e doppia striscia nera con decorazioni bianche e gialle). Il suo sorriso mi conquista: a quanto pare è una figura importante per il villaggio, una sorta di “mamma” per tutti. Sembra molto interessata agli smartphone e alle foto che stiamo scattando a lei che ci presenta la sua casa, ci chiede di vederle molto contenta. Non sono moltissimi i viaggiatori che passano a trovarla; “siamo i primi della giornata” – dice. Forse ne arriveranno altri all’indomani.

E ad un certo punto mi fa un cenno sorridente per chiedere di avvicinarmi di più. Poi comincia a cingermi in vita una delle gonne che ha tessuto: “Quella dei proprietari terrieri” mi dice – “perché tu sei ricca” – forse complice lo smartphone. Parla un inglese praticamente perfetto: è il miracolo filippino per cui quasi tutta la popolazione è alfabetizzata e bilingue (inglese e tagalog), oltre a parlare probabilmente anche il dialetto degli Ifugao.

Aggiunge al vestito una cinta decorata, una stola per le spalle, una collana di fibre di riso intrecciate con madreperla. Completa il tutto con un cappello molto adatto per posizionare il cestino per portare il riso. Poi mi chiede di scattare una foto assieme, e di condividerla con tutti i miei amici: come dirle di no?

Il tempo però vola e dobbiamo lasciare Bangaan a malincuore e risalire fino alla nostra Jeepney: è arrivato il momento di raccogliere le valigie dalla hall del Banaue Hotel e di ripartire lungo le strade montane della Cordillera filippina. La nostra meta? Sagada e le sue “hanging coffins”, ma di questo parleremo presto nel prossimo articolo!

Per il momento vi lasciamo con questo ricordo dolce nel cuore, di un’esperienza al 100% genuina e impossibile da trovare altrove se non a Banaue. Se volete anche voi immergervi nella tradizione e cultura del riso patrimonio dell’UNESCO, chiedeteci un preventivo personalizzato per il vostro viaggio su misura nelle Filippine!