Tra gli antichi riti giapponesi, il Cha no yu è forse il più conosciuto e, allo stesso tempo, il più frainteso. Non è “bere tè” in modo elegante: è un gesto codificato, lento e preciso, nato dall’incontro tra cultura materiale, estetica e influenza zen.

Per chi viaggia in Giappone, assistervi (o partecipare, quando possibile) è un modo semplice e potente per entrare in contatto con un’idea diversa di tempo e attenzione.

La Cerimonia del Tè (Cha no yu)

Strumenti per la cerimonia del tè, rito giapponese

Questo antico rito è diffuso in tutta la nazione. Il forte legame con la filosofia zen e la ritualità lenta e precisa lo rendono una pratica vicina alla meditazione.

Ogni aspetto di questa cerimonia è legato alle tradizioni e alla storia del Giappone, a partire dallo stesso tè. Una leggenda racconta infatti che la pianta del tè sia nata grazie al monaco buddista Bodhidharma.

Si dice che, per non addormentarsi durante le lunghe ore di meditazione, egli si sarebbe strappato le palpebre per impedire ai propri occhi di chiudersi. Proprio dalle palpebre cadute a terra sarebbe germinata la Camellia sinensis, dalle cui foglie, opportunamente lavorate, si ottengono i diversi tipi di tè.

La cerimonia del tè nasce nei monasteri buddisti, dove il tè era usato per restare svegli durante gli interminabili riti religiosi. Nel Cha no yu, infatti, si utilizza in genere matcha, cioè tè verde ridotto in polvere, che viene mescolato all’acqua con l’apposito frullino di bambù (chasen) fino a ottenere una bevanda densa e omogenea.

Il risultato ha un effetto stimolante, proprio perché la polvere viene consumata interamente e non solo “infusa”.

La cerimonia si diffuse poi tra gli aristocratici e tra i samurai, fino a diventare uno degli antichi riti giapponesi più conosciuti, dal grande potere evocativo.

Il senso del Cha no yu oggi

Al di là delle origini nei contesti monastici e della sua evoluzione storica, la cerimonia del tè resta una cosa sorprendentemente concreta: un invito a fare bene una sola cosa, con cura.

È anche il motivo per cui, ancora oggi, il Cha no yu continua a vivere nelle scuole e nelle case da tè, e può diventare un’esperienza memorabile per chi viaggia.

Perché non ti “spiega” il Giappone: te lo fa percepire. E quando esci dalla stanza, ti accorgi che non è cambiato solo il sapore del matcha. È cambiato, per un attimo, il ritmo con cui guardi il mondo.